Giancarlo Siani
 

 

 

 

 

 

 

Giornalista del quotidiano «il Mattino», viene ucciso in un agguato, mentre torna a casa dei genitori, nel quartiere napoletano del Vomero, la sera del 23 settembre 1985.
Le indagini puntano immediatamente sugli ambienti della camorra di Torre Annunziata, dove Siani svolge il suo lavoro di corrispondente. Nel giro di qualche giorno viene arrestato Alfonso Agnello, giovane pregiudicato legato al clan egemone di Torre Annunziata, quello di Valentino Gionta. Un garagista minacciato dai sicari in fuga dice di aver riconosciuto Agnello. Poi però gli avvocati del giovane pregiudicato presentano un alibi che consente di escludere, anche se con alcuni dubbi, la sua partecipazione all'esecuzione. I legali di Agnello esibiscono una contravvenzione stradale dei vigili di Torre Annunziata che, in teoria, per l'ora in cui è stata fatta, renderebbe impossibile la sua presenza a Napoli sotto casa del giornalista.
Poi sul delitto cala il più assoluto silenzio.
Nel 1987 la Procura Generale, che ha avocato l'inchiesta, annuncia una svolta. Vengono firmati tre ordini di cattura nei confronti di Giorgio Rubolino, Giuseppe Calcavecchia e Ciro Giuliano, della potente famiglia camorrista di Forcella. Rubolino, accusato da un'ex fidanzata e dal titolare di una cooperativa di ex detenuti, fino a quel momento era conosciuto come un ragazzo intraprendente con relazioni eccellenti e con ottime amicizie al Palazzo di Giustizia. Gli ordini di cattura vengono firmati mentre è in corso una campagna de «il Giornale di Napoli» che batte la medesima pista. I tre arrestati vengono però prosciolti con formula piena. Accuse non provate, tempo perso nella ricerca della verità.
Con il proscioglimento di Rubolino e compagni cominciano le contestazioni dell'operato della procura generale e scatta un'inchiesta del Csm per pressioni che sarebbero state fatte sui testimoni. Ancora buio, passano altri anni.
La svolta arriva nel 1993. L'inchiesta è affidata al sostituto procuratore Armando D'Alterio, che raccoglie le dichiarazioni di un collaboratore di giustizia, Salvatore Migliorino. E' Migliorino a raccontare i primi particolari sull'omicidio di Siani. Nel novembre '94 alle dichiarazioni di Migliorino si aggiungono quelle di un altro pentito, Gabriele Donnarumma, cognato del boss Valentino Gionta.
Donnarumma racconta, tra l'altro, di visite fatte in carcere per comunicare al padrino di Torre Annunziata la volontà e poi la decisione del clan Nuvoletta di Marano di punire Giancarlo Siani. Quindi nel settembre '96 arrivano anche le dichiarazioni di un nuovo pentito, Ferdinando Cataldo. Ma Cataldo in aula si contraddice (verrà condannato per aver fatto parte del commando che uccise Siani).
L'inchiesta del pm D'Alterio stabilisce che l'omicidio Siani matura in un contesto di rapporti tra politica e camorra a Torre Annunziata e che la causa scatenante va cercata in un articolo scritto dal giornalista il 10 giugno 1985. In quell'articolo si parlava dell'arresto di Valentino Gionta, alleato dei Nuvoletta, compiuto a Poggiovallesana, nel territorio della famiglia di Marano.
E Siani aveva formulato l'ipotesi che dietro l'arresto di Gionta potesse esserci lo zampino dei Nuvoletta interessati a liberarsi di un alleato ormai ingombrante.
Nell'autunno del '96 comincia il processo di primo grado davanti alla prima Corte di Assise di Napoli. Si conclude con sette condanne ed un'assoluzione, quella di Gaetano Iacolare. Il 7 luglio del '99 il processo d'appello termina con la condanna all'ergastolo per il boss di Torre Annunziata Valentino Gionta, per quello di Marano Angelo Nuvoletta (latitante), per Luigi Baccante, Ciro Cappuccio e Armando Del Core. Viene condannato a 28 anni anche Gaetano Iacolare, a 15 Ferdinando Cataldo e a 28 Gabriele Donnarumma.
La parola fine arriva il 13 ottobre 2000, a 15 anni dal delitto. Dopo cinque ore di camera di Consiglio i giudici della Cassazione confermano le condanne per killer e mandanti, fatta eccezione per Valentino Gionta: per il boss di Torre Annunziata, che resta comunque in carcere, va rifatto il processo di secondo grado.

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